«L’iter dell’iter» Documenti sulla storia della formazione capi nello scautismo
«L’iter dell’iter» Documenti sulla storia della formazione capi nello scautismo e nel guidismo cattolico italiano A cura di Michele Pandolfelli a Maria Cristina Bertini Stampa: Happy Service, Roma Aprile 2008 Edizione per il Consiglio generale 2008 Le ricerche bibliografiche e di archivio sono stati curati dalla segreteria del Centro Documentazione Agesci; in particolare da Francesca Pizzetti che ringraziamo. 2 INDICE PRESENTAZIONE p. 5 Cap. I: “E’ STATO GENERATO UNO SPIRITO” B.-P. e la formazione capi Gilwell Park e gli inizi della formazione capi femminile p. 7 Cap. II: RECLUTARE GLI UFFICIALI ISTRUTTORI La formazione capi nella prima ASCI p. 15 CAP. III: DALLA LICENZA ALL’ITER La formazione Capo nell’AGI p. 23 CAP. IV: NON PIÙ ISTRUTTORI MA CAPI: PARTITA IN DUE TEMPI La formazione capi nell’ASCI del dopoguerra p. 36 CAP. V: COEDUCHIAMO GLI EDUCATORI La fusione e la formazione capi p. 51 CAP. VI: “FORMAZIONE CAPI O FORMAZIONE DEI CAPI”? La formazione capi nell’Agesci dal primo al secondo iter p. 53 CAP. VII: UN CAPO DELL’ASSOCIAZIONE La formazione capi in Agesci negli anni’90: secondo iter e profilo del Capo p. 69 Cap. VIII: L’ITER DELL’ITER CONTINUA… I documenti della formazione capi del 2007 p. 89 3 4 PRESENTAZIONE Questa pubblicazione vuole costituire un nuovo esperimento di "dossier di documentazione", ad uso in primo luogo dei consiglieri generali e poi anche di quadri e capi, in quanto sarà scaricabile dal sito web del Centro Documentazione. Un dossier di documentazione non costituisce una ricerca originale, né intende offrire una particolare lettura storica: si prefigge soltanto di presentare un panorama selezionato di documenti associativi su un tema, con alcuni spunti per invogliarne la lettura. Il tema prescelto è la formazione capi, con una scelta di documenti che ne illustrano il percorso nella storia dello scautismo e guidismo cattolico italiano. L’iter dell’iter. In questa storia vi sono alcune costanti: l’intuizione dei campi scuola come momento formativo tipico dello scautismo; l’idea di un percorso strutturato in cui gradualmente si maturano le competenze e le caratteristiche necessarie ad un capo dell’associazione. Nel tempo si aggiornano e si affinano le tappe dell’iter e si allarga l’orizzonte sia verso iniziative più specifiche di formazione (es. capi gruppo, capi di provenienza extra associativa, etc.) sia verso un ventaglio di proposte di formazione dei capi alle quali concorrono diversi soggetti. Mi auguro che da questa selezione si possano ritrovare le motivazioni di alcune scelte e lo spirito scout che le ha accompagnate. Ed anche qualche spunto per la storia di oggi. Michele Pandolfelli Incaricato nazionale alla Documentazione 5 6 Capitolo primo “È STATO GENERATO UNO SPIRITO” B.-P. e la formazione capi Gilwell Park e gli inizi della formazione capo femminile B.-P. meditò a lungo prima di definire un programma di formazione capi (se era difficile per lui….). Il sistema migliore gli parve quello di far vivere agli allievi un’esperienza concreta di campo scout. Ecco l’inizio dell’ “iter dell’iter” nel racconto di Mimmo Sorrentino. Il terreno ove si installerà una scuola capi permanente è, neanche a dirlo, Gilwell Park. Abbiamo visto come la preoccupazione di servire degli indirizzi agli adulti, che volevano fondare dei gruppi scout, era stata presente fin dal primo inizio, quando Baden- Powell dedicò agli “istruttori” il sesto fascicolo dello Scouting for Boys e l’allegato alla lettera circolare del 1908. Ma B.-P. meditò a lungo prima di definire un programma di formazione per i capi. Cominciò con il chiedere ai commissari ed ai capi reparto di successo di organizzare dei campi di formazione sperimentali. Di corsi siffatti se ne ebbero a Londra nel 1910 e nello Yorkshire nel 1911. B.-P. stesso, nel 1911, organizzò a Londra un corso articolato in nove conferenze serali seguite da un fine settimana all’aperto. Ma era convinto che il sistema migliore fosse quello di far vivere agli allievi un’esperienza concreta di campo scout e, pertanto, seguì con attenzione gli esperimenti di quest’ultimo genere. Nel 1913, proprio al ritorno da uno di essi, buttò giù un primo schema contenete le linee fondamentali dei corsi-campo. “Ritengo che le cose essenziali siano quelle esposte in Scouting for Boys. Perciò la mia idea è che si debba prendere questo libro come programma di attività, dividendolo per le giornate di corso disponibili per metterlo in pratica nella misura del possibile. Il libro è stato studiato proprio per un uso del genere”. (E.E.Reynolds, The Scout Movement, p.81) La seconda direttiva fu che il campo di formazione dovesse far sperimentare agli allievi la conduzione del campo scout, usando il sistema delle squadriglie ed affidando loro le responsabilità organizzative. Si sarebbero praticate tutte le tecniche scout “con l’aggiunta, importante, delle tecniche di salvamento”. (E.E.Reynolds, The Scout Movement, p.81) Verso la fine di quello stesso anno 1913, B.-P. dette delle indicazioni più dettagliate come, ad esempio, che le squadriglie dovessero essere composte da cinque allievi; che ogni squadriglia avesse una tenda propria e, a rotazione, provvedesse ai servizi del campo quali: 7 assicurare il rispetto dell’orario e della disciplina; la conservazione e la distribuzione del materiale; l’acquisto e la distribuzione del cibo; la cottura e la distribuzione dei pasti; i servizi igienici e il pronto soccorso. Ai primi del 1914, l’Headquarters Gazette iniziò la pubblicazione di un corso per corrispondenza che fu successivamente raccolto in volume ed edito nel 1919 con il titolo di “Aids to Scoutmastership”. L’assetto definitivo della formazione capi si avrà soltanto ala fine della guerra, quando sarà acquistato un terreno sul quale si istallerà una sorta di scuola capi permanente che acquisterà una grandissima importanza a livello internazionale. L’iter si stabilizzò allora nella classica tripartizione: un primo tempo “teorico”, basato sullo studio di “Aids to Scoutmastership”, un secondo tempo costituito dalla partecipazione ad un corso-campo seguito, come terzo momento, da un “tirocinio” pratico compiuto nella pattuglia direttiva di una unità scout. Mimmo Sorrentino, Storia dello scautismo nel mondo, Fiordaliso, 1997, pp.120-121 8 Nella sintesi di Mario Sica, ecco come il campo scuola, intuizione geniale di B.-P., risponde ad alcune tentazioni ricorrenti nelle associazioni educative. Con intuito geniale B.-P. ha lanciato per la formazione dei Capi Branco, Riparto e clan un’istituzione originale ed efficace: il campo scuola. Egli aveva ben chiari nella mente tre pericoli, o più precisamente tre tentazioni insite in quasi tutti i metodi educativi: a. l’eccessivo teoricismo dei quadri, dirigenti, basato su libri e studi specialistici di ogni genere; b. la tendenza a discostarsi, col tempo, dalle genuine origini metodologiche con innovazioni eversive e trasformatrici; c. all’estremo opposto, il superficialismo e l’ignoranza metodologica e teorico- pratica. Mario Sica, Estote Parati, n. 108-109 ottobre-novembre 1966, p.112 9 A Gilwell è stato generato uno spirito: così si esprime B.-P. in relazione alla scuola capi di Gilwell Park, ove gli adulti tornano ragazzi per vedere le cose con gli occhi dei ragazzi. Gilwell “una scuola dagli indirizzi completamente nuovi, impostata sull’educazione mediante la vita all’aperto” e “in una forma pratica che insegna agli adulti a tornare ragazzi per poter vedere le cose con gli occhi dei ragazzi”… A Gilwell, proseguiva B.-P., è stato costituito qualcosa di più di un semplice sistema o forma di educazione: è stato generato uno spirito. Senza lo spirito forma e metodo sono una cosa fredda e inerte. Invece, nessuno che frequenta Gilwell si salva dal contagio del suo spirito. Questo mi sembra il risultato più importante tra i molti, interessanti, sortiti da quel luogo. L’unico rischio, continuava B.-P., è che lo spirito prenda un sopravvento eccessivo sulle sue vittime. (…) se non si sta attenti, si rischia di perdere il senso delle proporzioni. Per qualcuno c’è il pericolo che questa stessa infezione, in forma più leggera, possa fargli apparire la cornice di Gilwell troppo grande, dominante il primo piano, lasciando sullo sfondo, lontani e piccoli, gli scopi e il fine del Movimento. Ciò che dobbiamo evitare ad ogni costo è che si costituisca una cricca od un movimento del Movimento”. Robert Baden-Powell, The Scouter, November 1923 10 Niente diplomi ma grani di legno. La Wood Badge come segno distintivo della partecipazione ai campi di formazione. Quando si trattò di trovare qualcosa che attestasse la partecipazione al campo di formazione, Baden-Powell, per non ricorrere al solito diploma, andò a rovistare nella cassa dei suoi cimeli africani donde trasse una lunga collana che aveva preso nella capanna abbandonata dal re zulù Dinizulù, durante la spedizione del 1888. Questa collana, lunga oltre tre metri e mezzo, era costituita da un migliaio di grani di legno con due intacche in corrispondenza dei fori per il filo che li univa ed era una onorificenza riservata ai reali ed ai guerrieri di particolare valore. B.-P. distribuì un grano della collana ad ogni partecipante e dai quei legnetti il corso prese il nome di Wood Badge (insegna di legno). I legnetti diventarono presto il distintivo più ambito da tutti i capi del Movimento. 1 Mimmo Sorrentino, Storia dello scautismo nel mondo, Fiordaliso, 1997, p.121 1 Finiti i grani originali fu, naturalmente necessario fabbricarne di nuovi per poter continuare la tradizione. Tra il 1922 ed il 1927 chi superava il corso di capo branco al posto dei grani della collana, riceveva uploads/s1/ iter-dell-x27-iter-di-fo-ca.pdf
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