Studi Linguistici e Filologici Online ISSN 1724-5230 Vol. 8.2 (2010), pp. 329-3

Studi Linguistici e Filologici Online ISSN 1724-5230 Vol. 8.2 (2010), pp. 329-359 Benedetta Zavatta, Critica e superamento della grammatica universale nella linguistica dell’Ottocento tedesco Critica e superamento della grammatica universale nella linguistica dell’Ottocento tedesco BENEDETTA ZAVATTA La moderna Sprachwissenschaft, nata in Germania all’inizio del 1800, si afferma definitivamente come disciplina accademica autonoma intorno alla metà del secolo. Per difendere la scientificità della neonata disciplina i ricercatori abbandonano ogni genere di speculazione astratta intorno al fenomeno del linguaggio e si dedicano piuttosto alla raccolta e classificazione di dati empirici, allo scopo di arrivare a una descrizione quanto più accurata possibile dello sviluppo storico delle lingue naturali. Il tema più dibattuto tra ‘600 e ‘700, vale a dire l’idea di una grammatica universale o razionale, viene progressivamente abbandonato. Humboldt, Steinthal e Nietzsche rappresentano tre tappe di una linea di ricerca che ridiscute il rapporto tra categorie logiche e grammaticali, sviluppando una critica sempre più serrata alla pretesa purezza e universalità della ragione illuminista e rifondando su nuove basi la ricerca di universali linguistici. Se con Humboldt la presenza di forme linguistiche universali, pur nella grande varietà delle loro declinazioni, è garantita dalla fede nell’unicità del soggetto trascendentale, con Steinthal il fondamento della grammatica non viene più cercato nella logica, ma nella psicologia empirica e nello spirito peculiare a ciascun popolo. Nietzsche, infine, demolisce anche l’idea romantica che il linguaggio 330 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo sia espressione del Volksgeist, mostrandone il radicamento nel corpo e nella fisiologia. 1. IL LINGUAGGIO COME A-PRIORI STORICO DELLA SINTESI TRASCENDENTALE Il sogno di una lingua filosofica universale che, come una sorta di algebra del pensiero, enumeri e ordini tutti i pensieri, risale a Descartes. Riprendendo questa suggestione, Leibniz ipotizza una grammatica rationalis in base alla quale, a partire da un certo numero di idee semplici e attraverso determinate trasformazioni, si possano generare tutte le idee complesse. Il ragionamento sarebbe così riducibile a una sorta di calcolo algebrico, di cui la grammatica fornirebbe le regole1. Nel cosmopolita XVIII secolo l’idea di una grammatica generale, manifestazione delle universali leggi della ragione, diventa l’ipotesi regolativa su cui fondare l’aspirazione di dialogare con tutti i popoli della terra. Nell’articolo grammaire, redatto da Beauzée per l’Encyclopedie di D’Alembert e Diderot (1757), la grammatica generale è definita come la scienza che cerca i principi immutabili e generali del discorso in ogni lingua, i quali precedono e fondano le lingue particolari. Seguendo queste istruzioni, la Grammaire générale et raisonnée (1660) di Arnauld e Lancelot (o 1 La composizione delle idee sarebbe analoga alla moltiplicazione in aritmetica, mentre la decomposizione di un'idea nei suoi elementi semplici equivarrebbe alla scomposizione di un numero nei suoi fattori primi. 331 grammatica di Port-Royal) deduce sistematicamente le categorie della grammatica da quelle universali della logica. Assunto di fondo di una simile impresa è che il pensiero sia un fenomeno distinto dal linguaggio, non solo dotato di una sua autonomia, ma precedente e prioritario rispetto ad esso. Il linguaggio è visto cioè come una sorta di “veicolo” o manifestazione esteriore di un fenomeno spirituale che, tuttavia, se usato in maniera non corretta, è capace di influenzarlo negativamente e indurre confusione nel ragionamento. In questa cornice vanno collocate anche le analisi di Locke e Bacon dirette a una “purificazione” del pensiero dagli errori in esso ingenerati da un uso non critico del linguaggio. In definitiva, si può rintracciare un minimo comune denominatore delle pur varie ricerche sul rapporto pensiero-linguaggio condotte durante il ‘700 nell’impostazione del confronto interlinguistico sostanzialmente su base astorica e nell’intenzione di dimostrare attraverso di esso la tesi di una sostanziale omogeneità e origine comune di tutte lingue. Con il progredire delle indagini storico-descrittive sulle lingue naturali si impone tuttavia con sempre maggior forza il dato della grande diversità delle manifestazioni del linguaggio e si avverte l’esigenza di reimpostare su nuove basi la ricerca dei principi generali o universali di questo fenomeno. È Hamann il primo a inquadrare il problema del rapporto pensiero-linguaggio entro coordinate completamente nuove. Nella lunga controversia intrattenuta con Michaelis, che nel 1759 aveva vinto il concorso bandito dall’Accademia berlinese delle Scienze con il saggio Beantwortung 332 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo der Frage von dem Einfluss der Meinungen eines Volks in seine Sprache, und der Sprache in die Meinungen, Hamann muove obiezione all’impostazione stessa del problema, secondo cui pensiero e linguaggio sono considerati due fenomeni separati e reciprocamente influenzantesi. La sua Metakritik denuncia l’ingenuità e impraticabilità di ogni approccio che presupponga l’esistenza di una “ragione pura” e manchi di considerare l’importante ruolo svolto dal linguaggio – come a-priori storico-culturale – nella sintesi trascendentale2. In una lettera a Herder dell’8 agosto 1874, Hamann afferma che pensiero e linguaggio sono un unico e solo fenomeno, logos appunto, e che pertanto non soltanto l’uno non possiede priorità sull’altro, ma neppure può esistere separatamente. Da ciò consegue l’impossibilità di condurre una critica della conoscenza e della ragione umana che prescinda da un’adeguata considerazione del linguaggio. La Sprachkritik diventa allora indispensabile metacritica della ragione, nella consapevolezza che non esiste un punto esterno al linguaggio e alla storia da dove possa essere condotta una critica della 2 Forti attacchi a Michaelis si possono trovare anche nella Aesthetica in nuce (1762), che rigetta l’impostazione del problema proposta dall’Accademia e considera piuttosto il linguaggio nella sua relazione con la storia. La discussione viene rilanciata dal saggio di Sulzer del 1767 Observations sur l’influence réciproque de la raison sur le langage et du langage sur la raison che mantiene sostanzialmente l’impostazione di Michaelis, considerando pensiero e linguaggio come due realtà separate e concedendo al primo la priorità sul secondo. Sulzer riconosceva ovviamente che il linguaggio permette di definire meglio i pensieri, di immagazzinarli ordinatamente e richiamarli più velocemente alla memoria, nonché di abbreviare considerevolmente i ragionamenti. Non considerava tuttavia minimamente il ruolo da questo svolto nella sintesi trascendentale e dunque la sua funzione propriamente ‘costruttiva’. 333 ragione pura: la ragione come linguaggio è già da sempre immersa in una dimensione storica. Forte da un lato delle conquiste della filosofia kantiana e neokantiana, dall’altro avvalendosi dell’enorme mole di dati che la linguistica empirico-descrittiva stava portando alla luce, Humboldt cerca di conciliare riflessione filosofica e indagine scientifica in una trattazione che, pur rendendo giustizia alla diversità culturale, considera il linguaggio come fenomeno universalmente umano. Partendo, come Hamann, dalla critica alla kantiana “purezza” della ragione e riconoscendo il linguaggio quale matrice storico-culturale intrascendibile e ineliminabile, Humboldt sottolinea come il soggetto non conosca il mondo in modo oggettivo, ma piuttosto si formi una rappresentazione di esso che è sempre linguisticamente mediata e culturalmente condizionata (Weltanschauung). Con Humboldt pensiero e linguaggio cessano per sempre di essere considerati come fenomeni distinti e reciprocamente influenzantesi, mentre si afferma di contro la convinzione che essi siano due aspetti di un medesimo movimento spirituale con il quale l’uomo dà forma al mondo in cui vive (Weltbild). La possibilità di rintracciare un’unità al fondo della diversità delle lingue è garantita per Humboldt dall’unicità del soggetto trascendentale, che precede e fonda la soggettività empirica. Il programma da lui delineato nella Kawi-Einleitung prevede la ricostruzione, attraverso una ricognizione delle diverse lingue, delle forme universali con cui l’uomo concettualizza ed esprime la realtà per risalire poi, attraverso di esse, a forme universali dello spirito 334 Studi Linguistici e Filologici Online 8.2 (2010) Dipartimento di Linguistica – Università di Pisa www.humnet.unipi.it/slifo umano. A questo scopo Humboldt prescrive prima di tutto uno studio monografico delle lingue storiche e poi uno sguardo per così dire trasversale, che esamini come le singole funzioni grammaticali vengono rappresentate nei diversi sistemi linguistici. Zuvörderst jede bekannte Sprache in ihrem inneren Zusammenhange zu studieren, alle darin aufzufindenden Analogien zu verfolgen, und systematisch zu ordnen, um dadurch die anschauliche Kenntniss der grammatischen Ideenverknüpfung in ihr, des Umfangs der bezeichneten Begriffe, der Natur dieser Bezeichnung und des ihr beiwohnenden, mehr, oder minder lebendigen geistigen Triebes nach Erweiterung und Verfeinerung, zu gewinnen. Ausser diesen Monographien der ganzen Sprachen, fordert aber die vergleichende Sprachkunde andre einzelner Theile des Sprachbaues, z.B. des Verbum durch alle Sprachen hindurch3. L’aspirazione humboldtiana a rintracciare delle invarianti nelle strutture grammaticali delle diverse lingue, cui corrispondano funzioni fondamentali dello spirito umano, si differenzia tuttavia radicalmente dal progetto illuminista, in quanto riconosce al dato storico-empirico un ruolo fondamentale, non meramente accidentale. Se prima si partiva dalle leggi della logica per ricavare quelle del pensiero, ora piuttosto è il linguaggio che fornisce indicazioni sulla struttura dello spirito umano. Inoltre, l’essenza del linguaggio non viene più cercata in principi esterni ad esso ma nella sua storia, cioè ricavata dalla comparazione delle singole lingue nelle quali questo fenomeno si è 3 Cfr. Humboldt 1963:10-11. 335 concretamente manifestato. Se nel ‘700 era ancora possibile discutere del linguaggio a priori, cercando di dedurne le leggi a partire da un ragionamento astratto, nell’800 la via per arrivare agli universali linguistici è unicamente quella dell’indagine empirica, dell’induzione a partire dai dati forniti dalla ricerca storico-comparativa. La direzione inaugurata da Humboldt venne però uploads/Litterature/ zavatta-scienza-linguaggio-humboldt-pdf.pdf

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